Formazione

L’umanitario a singhiozzo

Sri lanka. La Protezione civile annuncia ritardi di tre mesi / Guerra civile nel Nord-Est dell’isola. Coinvolti i non governativi

di Stefano Arduini

Non è l?Iraq, non è l?Afghanistan, ma non si può certo dire che i cooperanti del post tsunami vivano giorni tranquilli nemmeno in Sri Lanka. Dalla fine di aprile infatti la tensione fra l?esercito cingalese e le milizie Tamil ha toccato picchi mai raggiunti dall?arrivo dell?onda maledetta ad oggi. I problemi maggiori si stanno registrando nella zona di Trinconalee. Proprio nel Nord-Est del paese sono stati allestiti circa il 50% dei progetti umanitari sotto la gestione della Protezione civile (Dpc), finanziati attraverso le donazioni degli italiani. «La situazione è molto fluida, ma ad oggi mi sento di valutare in circa tre mesi i ritardi per la chiusura dei cantieri dei progetti più impegnativi, come la ricostruzione dell?ospedale di Kinniya mentre ritengo che le ong saranno in grado di rispettare i tempi di consegna del 30 giugno», spiega Agostino Miozzo, capo missione del Dpc in Sri Lanka.
In un contesto di guerra civile a bassa intensità, la priorità diventa mantenere gli standard di sicurezza. «Per questo nei momenti di massima tensione invitiamo gli espatriati, una quindicina in tutto, a rientrare su Colombo», aggiunge Miozzo. Così come previsto dalle «misure dirette ad accelerare la conclusione dei progetti e a elevare il livello di sicurezza», contenute in una circolare resa nota dal vice capo dipartimento Vincenzo Spaziante. I coprifuoco possono durare qualche ora, o qualche giorno. «Fin ad ora, però, gli internazionali non sono stato oggetto di attenzioni da nessuna delle due parti», precisa Miozzo. «Non siamo un target, semmai il problema è di non trovarsi nel momento sbagliato nel posto sbagliato», gli fa eco Gabriele Bertani del Cesvi. Miozzo non si sente dare ulteriori rassicurazioni. «Ad oggi la situzione è questa, per il futuro vedremo».
Qualche cattivo segnale però va registrato. A Muthur lo scorso 21 maggio in pieno giorno tre granate sono piovute in sequenza nei compound di tre sigle umanitarie: gli americani di Nonviolentpeaceforce, gli olandesi di Zoa e gli italiani di Intersos. Pia Cantini è la responsabile paese per l?ong romana: «Nessuna conseguenza alle persone, il danno più grave è stata la rottura della pompa dell?acqua». Sorprende però come non sia seguita alcuna rivendicazione. E anche le indagini della polizia sono ferme al palo. Circostanze che fanno inducono la Cantini a sospettare che «si sia trattato di un atto intimidatorio da parte della stessa polizia cingalese in modo da liberarsi di testimoni scomodi in vista di un?operazione anti tamil». Altre piste portano a un gruppo musulmano denominato Osama legato alla jihad islamica e dichiaratamente anti occidentale.

Ma i fondi restano a colombo
La voce era incominciata a circolare: considerate le difficoltà logistiche in Sri Lanka, perché non impegnare la Protezione civile a Giava, dove un recente terremoto a già provocato oltre 5.200 morti e 20mila feriti? E in effetti per qualche giorno gli uomini di via Ulpiano sono stati messi in preallarme. Poi tutto è rientrato. E così nemmeno un euro dei 48,5 milioni donati dagli italiani e impegnati sui progetti in Sri Lanka ( 24 quelli già effettivamente erogati) sarà dirottato in Indonesia. Dove invece si è attiva la Caritas italiana con le diocesi locali. L?intervento è focalizzato all?assistenza medica e materiale di 5mila famiglie.

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